Da qualche mese è in corso una polemica aperta tra il Comune di Bologna e gli operatori del settore immobiliare (costruttori, professionisti, agenzie). A originare il contenzioso è la delibera del settembre scorso che stabilisce i nuovi criteri per l’aggiornamento delle Schede tecniche di dettaglio per la disciplina degli interventi sugli edifici, ai sensi dell’art.2 comma 4 del Regolamento Urbanistico Edilizio, in vigore dal 21 ottobre 2019. In sintesi l’amministrazione comunale ha deciso di introdurre nuovi vincoli per impedire che garage, cantine e altri locali non residenziali potessero ottenere il cambiamento d’uso, trasformandosi così in appartamenti o monolocali abitabili sul mercato fiorente degli affitti brevi (soprattutto B&B). L’amministrazione ha perciò modificato le regole per le ristrutturazioni, rendendo per esempio impossibile realizzare appartamenti in cantine o negozi senza altre aperture che la porta d’accesso, o creare monolocali con una sola finestra, stabilendo l’entrata in vigore immediata delle norme.

Le critiche da parte degli operatori del settore (costruttori, agenti immobiliari e ordini professionali) non si sono fatte attendere, sia per la tempistica che per i contenuti delle modifiche. Oltre all’aumento considerevole di alcuni oneri di urbanizzazione per il cambio di destinazione varato contestualmente, i vincoli sui cambi d’uso hanno complicato le ristrutturazioni di appartamenti o di interi fabbricati acquistati con questo obiettivo.

Ma vediamo nel dettaglio cosa cambia.

Le schede tecniche indicano i “livelli di prestazioni e le prestazioni specifiche” di cui devono essere dotati gli ambienti (locali) per essere utilizzati come residenze. I cambiamenti attuati sono inerenti ai rapporti di illuminazione e ventilazione degli ambienti nei casi di cambio d’uso di un immobile verso l’uso residenziale.
L’illuminazione naturale e diretta, ottenuta quindi dalle finestre, “deve prospettare su spazi regolamentari cioè liberi, quale via, piazza, cortile, patio”.
Stessa regola per la ventilazione. Se in precedenza il rapporto tra la superficie delle finestre e quella dei locali non poteva essere inferiore a 1/16, ora viene aumentata a 1/8, rapporto che prima era previsto solo per una nuova costruzione. La norma rende difficile il cambio d’uso laddove le finestre esistenti non possono soddisfare questo requisito, anche se è prevista la possibilità di applicare il rapporto di 1/16 tra la superficie finestrata apribile e la superficie del pavimento sugli immobili esistenti solo per motivi statici.
Altra novità: “i locali principali ad uso abitativo (soggiorno, cucina e camera da letto) devono essere provvisti di finestra posta su piano verticale apribile”. Ed inoltre “il comando manuale o automatizzato delle parti apribili posti in copertura, computati nei calcoli per la verifica di aerazione, deve essere posto in posizione facilmente raggiungibile e manovrabile anche da persone sedute. I serramenti a ribalta e i lucernai possono essere computati per l’intera luce architettonica se apribili con angolo maggiore o uguale a 30°.” Questa nuova regola riduce la possibilità dei recuperi dei sottotetti ad uso abitativo, anche se rimane inalterata la regola che “nel caso di recupero dei sottotetti, nel rispetto di quanto previsto dalla legislazione regionale, il rapporto aereo-illuminante deve essere garantito per almeno il 50% della superficie richiesta da aperture poste su piani verticali nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 57 del RUE per gli edifici di interesse storico-architettonico e documentale.”

Queste regole saranno oggetto di confronto tra l’amministrazione Comunale e i vari operatori del settore, anche se si ipotizza un ricorso al Tar da parte dell’Ape (Associazione Proprietà Edilizia). Personalmente credo che la strada giusta sia quella di un confronto con il Comune di Bologna e con l’Assessore all’Urbanistica Valentina Orioli, che si è mostrata aperta a ridiscutere le schede tecniche, convocando i rappresentanti degli ordini professionali il 13 gennaio 2020.

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